giovedì 26 aprile 2012

E se fossi su un'isola deserta?

E se fossi su un'isola deserta, che libro porteresti con te? Be, mi dispiace - no aspetta... non è vero, non mi dispiace affatto - ma Robinson Crusoe non è nemmeno vagamente contemplato.
Ne ho letti molti di classici, di titoli a lui contemporanei, di suoi coetanei e di suoi antenati... Ma questo qui non presenta la benché minima attrattiva. Le intenzioni sono nobili, indubbiamente il testo presenta una certa praticità dei contenuti nel suo nobile intento di istruire l'uomo furbo a far del suo meglio con gli strumenti che ha a disposizione; un vero e proprio elenco delle azioni che compie il nostro avventuriero viaggiatore. Ma l'avventura si ferma alla vita dell'avventuriero, non certo nel modo in cui viene dispiegata agli occhi del lettore. Quest'ultimo è posto ad un lento travaglio di 300 e passa pagine scritte tutto in unico blocco. Nessun paragrafo, nessuna linea bianca, nessun capitolo. E' tutto un grande blocco di parole e parole che si susseguono no-stop. Quando un libro non scende, non c'è nulla da fare. E' oggettivamente impraticabile. Un racconto puramente dettagliato sull'utilità di ogni piccolo arnese e chiodo, sul guadagno di ogni piccola moneta e pezzo di terreno, sull'attenzione e sulla scelta del prodotto da piantare o sulla possibile bestia che emette quel tipo di verso. Il tutto raccontato in maniera piatta e dattilografa (peggio del messaggio in sé). Un registratore privo di emozioni. Una lista tortuosa degli avvenimenti di un uomo senza radici, con la soluzione ai suoi problemi in una mano e la fortuna nell'altra. Fosse semplicemente il fatto d'essersi arenato sull'isola deserta, sarebbe un caso fortuito ma pur sempre passabile. Invece no! Il nostro Crusoe sfida la sorte in ogni modo - purché sia in modo noioso e apatico, privo di mordente -, e ne esce illeso, sempre. Anche se tutta la sua ciurma e i suoi vicini vanno all'altro mondo... Lui non ci va! *Sgrunt*

Allora, la risposta qual'è? Quale libro porterei se fossi su di un'isola deserta?
La casa degli spiriti di Isabel Allende.
Ma di questo ne scriverò meglio un'altra volta.

martedì 24 aprile 2012

Wishlist #1


Oggi inizio col raggruppare quattro dei titoli presenti nella mia Lista dei desideri. Non sono scelti a caso, ma hanno in comune il fatto che siano passati sul grande schermo. Esatto. Tutti e quattro hanno avuto la loro trasposizione cinematografica, ed è tramite essa che hanno stimolato la mia curiosità verso i suddetti romanzi.
The road uscirà quest'anno nelle sale. Di Kitchen ci sono in giro ben due versione tra cui scegliere. Márquez è una garanzia. L'unico film che ho visto è Sleepers, che sembra essere la storia autobiografica di questo poco conosciuto scrittore statunitense (a dispetto del suo nome, solo le sue origini sono italiane).


1. L'amore ai tempi del colera, di Gabriel García Márquez. (Ibs)
2. The road, di Cormac McCarthy. (Ibs)
3. Kitchen, di Banana Yoshimoto. (Ibs)
4. Sleepers, di Lorenzo Carcaterra. (Ibs)

Sono ben accetti sia le opinioni su questi romanzi, sia eventuali suggerimenti o commenti sulla vostra wishlist.

domenica 22 aprile 2012

Award, No Award

Generalmente, seguo molto poco i concorsi dedicati ad assegnare i premi letterari. Ciò è dovuto al fatto che sono più propensa ad impegnarmi in letture datate, nei best seller affermati, sui classici... Insomma, dei titoli che abbiano almeno una decina d'anni alle spalle. Ultimamente però, ho sentito della questione relativa al premio Pulitzer per la narrativa.
Era da 35 anni che la categoria fiction non dava forfait. Eppure, quest'anno è stato così. I tre finalisti - D. Johnson, K. Russel e D. F. Wallace - sono rimasti a mani vuote, a dispetto dei candidati alle altre categorie. (More info)

Una vincitrice in particolare ha attirato la mia attenzione, ed è Tracy Smith con Life on Mars. Vi lascio con un suo pezzo, premio Pulitzer per la Poesia.



More Info? YT - NYT

venerdì 20 aprile 2012

Lo. Li. Ta.

«Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.»
Tematica insolita. Difficile. Eppure affrontata con un incipit tanto assurdo quanto costruito su basi logiche. Un titolo, un protagonista, una Lolita, che si lasciano giudicare, osservare; ti trasportano nel loro mondo, nei loro tempi, nei loro modi di fare. Scene leziose, accennate, morbose, e poi... Un significato, non facile da cogliere.
Mi inoltrai circa due anni fa in questa lettura insolita, alla ricerca di un classico, alla ricerca di una risposta alla mia domanda: Lolita fa parlare per il suo argomento ostico, o ancora oggi lo si legge spinti da più di una mera curiosità e dal chiacchiericcio smosso?
Ebbene, lo inizio e rimango coinvolta dalla voce narrante del professor Humbert Humbert. Cerco di psicoanalizzare ciò che descrive essere una sua inevitabile ossessione. A caldo, lo definisco un "intellettuale". Insomma, lo isolo dalla categoria dei pervertiti sudici e ignoranti, per situarlo nella linea di persone machiavelliche, che fanno della loro mente l'arma necessaria per passare indisturbate tra la folla, creandosi un alibi perfetto e agghiacciante sulla loro natura fallata.
Dunque, ti inoltri nelle vicende del protagonista senza storcere il naso (miracolosamente!) e giungi alla fatidica occasione in cui ha avuto modo di fare la conoscenza con Dolores, la fatidica Lolita, fuoco dei suoi lombi. La sua ossessione. Continui a leggere l'intreccio di situazioni rocambolesche che lo portano a scappar via con lei, alla sua attrazione fatale accentuata dal comportamento viziato e libidinoso della giovane, e quasi entri nella sua ottica. Non lo accetti, e ti rendi conto che qualcosa non va, ma ne sei trasportato con curiosità e analizzi la sua situazione in cui si sente schiavo di questa istintiva passione.
E' una corsa contro il tempo, contro la dispettosa Lolita, che cresce e diventa ingestibile. Nel frattempo che l'adolescenza la rende irrequieta e le difficoltà di Humbert aumentano, lui ci intrattiene nei discorsi della sua vita quotidiana, delle vicende raccontate dal suo occhio acuto, eppure... Ci sfugge qualcosa. Siamo così invischiati nella vita di quest'uomo, che ci sembra che lui ci spiani la strada per la verità. E invece no. Sotto le sue sontuose parole, i suoi ragionamenti furbi, e i suoi modi appassionati, si nasconde la chiave di lettura oggettiva di questo suo legame con una piccola dodicenne (successivamente tredicenne, quattordicenne... e così via.).
Dolores Haze è una ragazzina. Una ragazzina vivace, un po irruenta, ma pur sempre una ragazzina. L'assenza di una figura paterna nella sua vita, ha evidentemente portato ad una confusione nelle sue personali esigenze di rapporto con il suo patrigno. La madre - un personaggio di passaggio - l'ha senz'altro tirata su come meglio poteva, concedendole capricci ed ereditandole anche una buona dose di noncuranza e frivolezza, visibili nella loro indole. La ragazzina rimane dunque orfana in men che non si dica, e l'unica persona a cui appoggiarsi e quel suo patrigno che le si propone in maniera fisica. Accetta. Così come ha accettato l'incontro ravvicinato nella foresta, così come si è trovata a sperimentare e a giocare a fare l'adulta con altri suoi coetanei. Qualcosa di spezzato in lei c'era già, prima ancora di conoscere Humbert. Ma lui non è certo stato il suo rimedio. Un fiore a cui cade un petalo, è un fiore ormai sfregiato. Non cambia nulla se lo privi anche dei suoi altri? Così, Humbert continua ad alimentare i suoi desideri, e il brio delle sue giornate appagate, spezzando l'uno dopo l'altro tutti i petali di quel fiore. Ma questi giorni sono destinati a terminare. Si prevedeva ciò sin dall'inizio. Dolores è cresciuta in fretta, è una ragazza sveglia ormai, era solo questione di tempo prima che si allontanasse dal suo vecchio.

Lolita di Vladimir Nabokov, è un romanzo pubblicato nel 1955. Per i suoi contenuti scabrosi che trattano di pedofilia ha fatto molto parlare di sé, facendo rientrare nell'uso corrente la parola "lolita", definizione che sta ad indicare una ragazzina audace che suscita desideri sessuali negli adulti. Ovviamente, ad una lettura maggiormente approfondita dell'opera, si possono cogliere sfumature ben diverse e una realtà complessa da poter spiegare in modo così superficiale. La vera anima di Lolita è nelle parole non espresse - se non appena accennate verso le ultime pagine del libro - di una ragazza sofferente, soggiogata alle regole di un uomo adulto. Le lacrime di Dolores la sera, il suo sguardo vacuo... questi attimi, queste piccolezze, saranno oscurate dalla psiche del protagonista, che le ammetterà solo giunto alla fine. In una fine dove Dolores non è più sua, ma forse nell'animo non lo è mai stata, ed è evidente più che mai negli ultimi anni di vita della giovane. Una vita come avrebbe sempre voluto che fosse... La vita della piccola e grande Lola.

lunedì 16 aprile 2012

Ciclo asiatico #1

Rimando ancora una volta le presentazioni, proponendovi una particolare rubrica.
Ogni tanto, raggrupperò e proporrò una serie di libri con una comune caratteristica.
Stavolta vi tocca il Ciclo asiatico. Ovviamente sono letture che io stessa ho affrontato e apprezzato. Commenti e proposte, su questi e altri titoli dallo stesso tema, sono ben accetti ^_^
Ma bando alle ciance.

1. Tsugumi, di Banana Yoshimoto. (More info)
Letto moltissimi anni fa, questa è la lettura che mi ha affacciato al mondo della narrativa asiatica. Leggere qualcosa della leggiadra penna della Yoshimoto, si può definire una tappa necessaria per un cultore del mondo giapponese.
2. La malinconia di Haruhi Suzumiya, di Tanigawa Nagaru. (More info)
Questo è il titolo di una fortunata serie di light novels molto conosciuta nel mondo dell'animazione. Qualsiasi cosa voi abbiate sentito o visto su di esso, lasciate i pregiudizi da parte e avventuratevi nel mondo della pazza protagonista e del suo critico e borbottante narratore. Letture relativamente brevi, curiose e divertenti.
3. Mogli e concubine, di Su Tong. (More info)
Forse avrete sentito parlare di Lanterne rosse, un film cinese con la nota Gong Li. Ebbene, esso è una trasposizione cinematografica del breve romanzo di Tong, l'unico scrittore cinese che ho inserito in questo piccolo gruppo. Particolare e meritevole scorcio della vita di una giovane ragazza, dal momento che entra a far parte del bell'assortito gruppo di concubine di un signore benestante. Le donne sono in lotta fra loro, chi subdolamente nascosta e chi sfacciatamente astiosa...
4. Norwegian Wood, di Haruki Murakami. (More info)
Conosciuto (erroneamente) in Italia con il nome di Tokyo Blues, questa è stata una delle letture che ho preferito di più. Notevolmente scorrevole, ti attira e ti spinge a leggerlo pagina dopo pagina. La Tokyo dei Beatles e delle prime minigonne, le tragedie dell'adolescenza che si trascinano nella vita adulta, l'inerzia della propria confusa esistenza che non sa ben delineare le nostre speranze e i nostri desideri. Murakami ha creato un mondo imperfetto, il nostro mondo; pieno di paure e angosce.

sabato 14 aprile 2012

Inizio così.

"Dondolo. Se mi guardi non si vede ma io dondolo. Mi dondolano dentro le ossa, il sangue, la linfa e la maggior parte delle cellule. Ogni parte del mio corpo è impilata sull’altra come un castello di carte. Quando tempo riuscirò a rimanere in piedi? Ho guardato per terra, poi verso la porta. Dovevo aspettare. Ora dovevo restare calma. Tu eri sparito ma sapevo che ti trovavi da qualche parte in questa scatola di cemento e avevo paura del momento in cui ti avrei visto perché tutto sarebbe stato diverso. Non saremmo stati più io con te, ma io e te. Sarebbe andata così. È l’imbuto che si strozza e ora o passi tu o passo io."
Un uso qualunque di te, di Sara Rattaro.
(Giunti Narrativa, 208 pg, € 12.00, dal 14 Marzo 2012)


Apro il pacchetto giallo rivestito internamente da carta-bollicine, e al suo interno c'è un volume dal formato medio (non di quelli pocket o finti tascabili voluminosi), un libro dalla sovraccoperta bianca su di cui è disegnata una figura femminile. E' alta e scura, e nonostante lo sfondo nettamente chiaro, la sua immagine è sfumata e grezza. Ha i capelli scarabocchiati e il cuore bene in vista. Rosso. L'unico colore vistoso della copertina. Si capisce da subito che la sua storia, la storia della donna raccontata all'interno del libro, non è facile, non è linda, non è spensierata. Una sottilissima linea parte dal cuore e si congiunge ad un cuoricino esterno ad ella. Il titolo - 'Un uso qualunque di te' - lascia presagire che quella che sto per leggere, è una storia al quanto tormentata; lontana dalle favolette d'amore, di quelle pure, prive di malizia ed egoismo.Do un'occhiata alle prime pagine e noto sin dai primi righi che la lettura risulta rapida e scorrevole. Mi dico che inizierò col leggere il primo capitolo e poi lo continuerò domattina, di buon ora. E invece finisco per divorare una pagina dietro l'altra dicendomi "Un altro pezzetto ancora. I periodi sono brevi quindi non lascerei la narrazione in sospeso...".Insomma, di buona penna, l'autrice Sara Rattaro riesce ad entrare nel vivo del racconto già da subito, incollandoti alle pagine, di cui avidamente vuoi scoprire tutto quello che hanno da dirti. L'inizio mi ha colpita. Non sapevo chi fosse la narratrice ne a chi si rivolgesse. Nemmeno il tempo di riflettere sui miei dubbi, che il quadro del racconto si disegna frase dopo frase. Non ci si perde in descrizioni inutili o premesse noiose. La storia di Viola inizia quella sera, la sera in cui un evento - non sto ad anticiparvi quale - scuote la sua esistenza vissuta in maniera passiva e critica, quasi da esterna. L'evento che le giunge improvviso come uno schiaffo e le ricorda d'esser la protagonista. L'evento che le tiene stretta il collo e le ricorda le sue colpe, le conseguenze dei suoi gesti e... stavolta, le impone di agire!In questa singolare storia d'amore - che alla lontana mi hanno ricordato altri bei romanzi, 'Non ti muovere' della Mazzantini e 'Va dove ti porta il cuore' della Tamaro - ci vien mostrata l'altra faccia delle relazioni sentimentali. Non quelle magiche, da sogno, che scivolano lisce se non per i dissidi di terze persone. Non quelle in cui ciò che accade non è intenzionale ed è tutto frutto di buoni propositi... Bensì, questa è la storia di un'essere umano, Viola, che sbaglia, e che come essere umano chiede d'esser compreso. Non accettato, non giudicato, bensì capito. Ci si immerge nella sua vita attraverso svariati flashback che si alternano alle vicende di quella fatidica sera in cui la sua vita e quella della sua famiglia cambierà...La fragilità della nostra protagonista è facilmente condannabile ad un occhio superficiale. E' facile puntare il dito su di una donna che ha un modo di condurre l'esistenza tutto suo. Che è molto più ben disposta a lasciarsi andare alla passione fisica piuttosto che alla ricerca di un contatto emotivo con la figlia, il marito o la suocera. Eppure, Viola non può fare a meno di invidiare Carlo e Luce (il marito e la figlia) che riescono ad instaurare un rapporto complice e fantastico, cosa che a lei riesce plausibile solo con la sua amica di infanzia. Non che questo non le basti, ma è evidente che la sua amica, Angela, riesce a capirla perché riesce a non giudicarla. A guardarla per quella che è, e a cercare in lei la sua forza. Una cosa ben insolita per Viola, abituata a lasciarsi trascinare, a lasciarsi cullare e a rimanere sola con i suoi pensieri. Questa protagonista, impenetrabile all'amore infinito di suo marito, ha comunque dei sentimenti, se quanto schermati dalla sua ermetica personalità.Si tratta quindi, di un romanzo sensazionale, travolgente, scorrevole, con una protagonista fragile avente una storia probabilmente comune, ma difficile da digerire. Condannabile direi, per chi non sa ammettere che la vita è fatta anche di questo, e per chi non sa ammettere che esistono gli errori ma anche i riscatti, le espiazioni, i dolori... Che non inducono necessariamente al perdono o alla pietà, ma all'accettazione che c'è altro all'infuori del nostro modo di vivere la vita, e c'è ancora dell'altro da guardare senza per forza soffermarsi solamente sulle colpe delle persone. Se davvero siamo umani, sono altrettanto umani gli errori che commettiamo e, spesso, non sono tutti gli errori di una vita di una moglie infedele e una madre in disparte a cancellare l'amore che i familiari possono provare verso di noi.

Mi vergogno un po ad ammettere che non leggo abbastanza spesso opere di autori italiani a noi contemporanei. Ne ho avuto una gran bella sorpresa. La Giunti ha investito bene su quest'autrice, e se dovessero esserci altre pubblicazioni non mancherò di seguirle. La forma scritta entra dritto in testa, ogni frase si fa immagine e senza troppi fronzoli ti porta con sé, nella sua storia. Una storia di piccoli episodi di vita che diventano improvvisamente significativi, ti fanno riflettere e ragionare sulla psiche umana, perché nulla di quello raccontato è un di più o è lasciato al caso. La storia è trapuntata di tanto in tanto da piccole perle di saggezza. Da aforismi dell'autrice stessa, in cui approfondisce il significato delle esperienza umana, attraverso cui ogni lettore può immedesimarsi.
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